di Pepe Escobar
8 Settembre 2011
dal Sito Web VolatireNet

traduzione Nicoletta Marino

Versione originale

Versione in Inglese

 

 

L’instabilità politica, economica e sociale in Libia non è finita con la caduta di Tripoli e nemmeno con la presunta vittoria dei ribelli e della NATO.


La inconsueta alternativa di Gheddafi di passare alla clandestinità ha sorpreso più di una persona. Ci troviamo di fronte ad uno scenario che ci rammenta molto la storia di Omar Mukhtar, il capo libico che per quasi venti anni - dal 1912 1 al 1931 - lottò contro il colonialismo italiano.

In un paese in cui la maggioranza della popolazione non ha ancora detto l’ultima parola, i poteri neo coloniali installati molto fragili, tutto può cambiare.
 

 

Gheddafi (sinistra) e Abdelhakim Belhadj (destra)
Gheddafi potrebbe diventare il nuovo «Leone del deserto»

 

 

 

Basta parlare della caduta del Gran G. (Grande Guida). Adesso arriva la cosa fondamentale: Afganistan 2.0, Iraq 2.0, o una mescolanza di tutti e due.
 

I “ribelli della NATO” hanno sempre detto che non volevano un’occupazione straniera: Però la NATO - che ha reso possibile la vittoria - non può controllare la Libia senza truppe di terra, pertanto nella sede centrale della NATO a Mons, in Belgio, si barcamenano su molteplici scenari, sotto una copertura di velluto delle Nazioni Unite.


Secondo indiscrezioni sui piani, si potranno avere presto o tardi soldati delle monarchie del Golfo Persico e di alleati amici come la Giordania e in speciale modo Turchia, membro della NATO, anche lei molto ansiosa di ottenere grandi contratti commerciali. Quasi nessuna nazione africana farà parte della faccenda: la Libia è stata riposizionata in Arabia.


Il Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) sarà d’accordo o lo obbligheranno ad essere d’accordo - se la Libia cade, o quando cadrà - nel caos.
Però sarà estremamente difficile che accettino fintanto che le disparate fazioni dei “ribelli della NATO” consolidano freneticamente i loro feudi e si preparano a combattersi tra di loro.


Non c’è nessuna prova fino ad ora sul fatto che il CNT - se non inginocchiarsi davanti all’altare delle nazioni membro della NATO - abbia la più pallida idea di come amministrare un paesaggio politico complesso come la Libia.
 

 

 

 

Prima parte del film storico «Il Leone del deserto» (sottotitoli in castigliano) con Anthony Quinn, sulla lotta del popolo libico nel 1912-1931 contro il colonialismo italiano ed europeo, basato su un fatto reale, la vita del libico Omar Mukhtar. Il resto del film sono alla fine dell’articolo.

 

 

 


Cannoni senza rose


In Libia adesso sono tutti virtualmente armati.


L’economia è paralizzata; è già iniziata una disputa oscena esasperata da coloro che controllano migliaia di milioni di dollari della Libia scongelati.


La tribù degli Obeidi è furiosa con il CNT perché non c’è stata nessuna ricerca sull’assassinio del comandante dell’esercito ribelle Abdul Fattah Younis del 29 luglio. I membri della tribù hanno già minacciato di farsi giustizia da soli.


Il principale sospettato è la brigata Abu Ubaidah bin Jarrah, una milizia fondamentalista islamica della linea dura che rifiuta l’intervento della NATO e non vuole combattere sotto il CNT, definendo ambedue come “infedeli”.

Poi arriva la domanda intrisa di petrolio: la nebulosa del Gruppo di combattimento islamico della Libia (LIFG sigla in inglese) quando organizzerà il suo colpo per eliminare il CNT?


In tutta Tripoli ci sono testimonianze visibili dell’inferno delle milizie in Irak.

L’ex risorsa della CIA e ex detenuto della “guerra contro il terrorismo” il generale Abdelhakim Belhaj - uscito dal circolo di Derna, la zona zero del fondamentalismo islamico in Libia - è il capo del nuovo Consiglio Militare di Tripoli.


Le altre milizie gli hanno intimato di andarsene visto che non ha combattuto per la “liberazione” di Tripoli, che il CNT lo voglia o no. Questo significa che la nebulosa LIFG - al Quaida combatterà prima o poi in un aparte della guerra tra le guerriglie, contro il CNT, altre milizie o contro tute e due.


A Tripoli, i ribelli di Zintan, delle montagne occidentali, controllano l’aeroporto. La banca centrale, il porto di Tripoli e l’ufficio del Primo Ministro sono controllati dai ribelli di Misurata. Berberi della città di montagna di Yafran controllano la piazza centrale di Tripoli, dove troviamo scritte fatte con lo spray “Rivoluzionari di Yafran”.

Tutti questi territori sono identificati con chiarezza a mo’ di avvertimento.


Intanto il CNT, unità politica, si comporta come un governo e fintanto che le milizie non scompaiono, ci costa immaginare la Libia come un nuovo Libano. La guerra in Libano cominciò quando i vicini di Beirut si divisero tra sunniti, sciiti, maroniti cristiani, e drusi.

L’effetto Libano in Libia, inoltre, include la letale tentazione islamica che si propaga come un virus portato dalla Primavera araba.


Almeno 600 salafisti che hanno combattuto per la resistenza sunnita irachena contro gli Stati Uniti, sono stati liberati dai ribelli dalla prigione di Abu Salim.
 

E’ facile immaginarseli durante il saccheggio generale di Kalashnikov e di missili anti aerei sovietici Sm 7 lanciati dalla spalla per rinforzare la propria milizia islamista dalla linea dura secondo i loro piani, e la loro guerra di guerriglie.

 



Benvenuti nella nostra ‘democrazia’ razzista


L’Unione Africana (UA) non riconoscerà il CNT; di fatto accusa i ribelli della NATO di assassini indiscriminati di africani neri, considerati tutti “mercenari”.
Secondo Jean Ping della UA:

«…Il CNT sembra confondere neri con mercenari… [Sembra pensare] che tutti i neri siano mercenari Se si pensa qualcosa di simile, significa che un terzo della popolazione della Libia, che è nera, sono “mercenari”.»

Il piccolo porto di Sayad a 24 chilometri a ovest di Tripoli si è trasformato in un centro per rifugiati africani neri terrorizzati dalla “Libia libera”.

Medici senza Frontiere ha scoperto che il campo esisteva il 27 agosto. I rifugiati affermano che da febbraio hanno iniziato ad essere espulsi dai proprietari dei negozi in cui lavoravano, accusati di essere mercenari, e che da allora li accusano.

Secondo la mitologia ribelle, il regime di Gheddafi era protetto soprattutto da murtazaka («mercenari»). La realtà è che Gheddafi usò un contingente di combattenti africani neri del Ciad, Sudan e Tuareg del Niger e del Mali. La maggioranza degli africani neri sub sahariani della Libia sono lavoratori emigrati con lavori illegali.

Per vedere come vanno le cose, bisogna guardare il deserto. L’immenso deserto del sud della Libia non è stato conquistato dalla NATO. Il CNT virtualmente non ha nessun accesso a tutta l’acqua della Libia né a gran parte del petrolio.


Gheddafi ha la possibilità di “operare nel deserto”, di negoziare con una serie di tribù, di comprare o consolidare la loro lealtà e di organizzare una continua lotta di guerriglia.

L’Algeria è impegnata in una cruenta lotta contro al Quaida nel Magreb. La vasta e permeabile frontiera di 1.000 chilometri tra Algeria e Libia continua ad essere aperta. Per Gheddafi sarebbe facile basare la sua guerriglia nel deserto meridionale con un rifugio in Algeria o anche in Niger. Il CNT è terrorizzato da questa possibilità.

L’operazione umanitaria della NATO ha lanciato perlomeno 30.000 bombe sulla Libia negli ultimi mesi. Siamo nel vero dicendo che migliaia di Libici sono morti sotto i bombardamenti che non si fermano; presto la NATO può attaccare alcuni - civili o no - che in teoria stavano proteggendo fino a pochi giorni fa.

La Grande G. può risultare molto più pericola di una Grande G al potere.


La vera guerra comincia ora: sarà infinitamente più drammatica e tragica. Sarà una guerra darwiniana, nord africana, di tutti contro tutti.
 

 

 


Video
 

 

Il Leone del Deserto

da

Febbraio 10, 2011

dal Sito Web YouTube