di Salim Lamrani

18 Aprile 2013

dal Sito Web GlobalResearch

traduzione di Nicoletta Marino

Versione in spagnolo

Versione originale in portoghese

 

 

 

Salim Lamrani

Laureato in Studi iberici e latino americani all’Università Sorbonne-Paris IV, Salim Lamrani è titolare di cattedra nell’Università della Reunión e giornalista specializzato nelle relazioni tra Cuba e Stati Uniti.

Il suo ultimo libro s’intitola The Economic War Against Cuba. A Historical and Legal Perspective on the U.S. Blockade, New York, Monthly Review Press, 2013, con un prologo di Wayne S. Smith e una prefazione di Paul Estrade.

 

 

 

Candidato all’opposizione non vuole riconoscere la sconfitta,

nonostante gli osservatori internazionali hanno dichiarato legittima la votazione.

 

 

 

Il candidato della destra venezuelana non vuole riconoscere la sua sconfitta alle elezioni presidenziali del 14 aprile nonostante gli osservatori internazionali abbiano riconosciuto la trasparenza dello scrutinio.

 

Al contrario, incita i suoi sostenitori “a esprimere rabbia”. Il bilancio è molto grave: almeno 8 morti e 61 feriti.

 

Dopo la vittoria elettorale di Nicolás Maduro del 14 aprile 2013, Henrique Capriles Radonski, ha rifiutato il suffragio popolare e ha incitato i suoi sostenitori “affinché esprimessero la loro rabbia” e “frustrazione” per le strade esigendo una nuova conta dei voti.

 

“Scaricate tutta la vostra violenza” ha detto in una conferenza stampa in televisione trasmessa da Globovisión, chiamando a manifestare in massa contro l’autorità eletta del paese.

 

Le conseguenze di quest’appello del capo dell’opposizione sono state drammatiche.

 

I piccoli gruppi di estrema destra hanno assassinato sette persone, tra cui sei militanti socialisti che celebravano la vittoria del loro candidato e un poliziotto. Ci sono state 61 persone ferite. Hanno dato fuoco a una militante del partito di governo PSUV che si trova in condizioni critiche.

 

Luisa Ortega Díaz, procuratore Generale della Repubblica, ha condannato gli atti di violenza:

“Le hanno dato fuoco mentre era viva. Pensate a che punto sono i livelli di aggressività e di violenza di questo gruppo di persone adesso”.

Hanno appiccato il fuoco a diversi centri medici, simboli dei programmi sociali che aveva lanciato Hugo Chávez, uffici dell’ente statale di comunicazioni CANTV, magazzini alimentari statali (MERCAL), fabbriche di produzione e distribuzione di alimenti (PDVAL) che appartengono allo Stato e anche numerosi servizi pubblici e altri negozi.

 

Capriles, governatore anche dello Stato di Miranda, ha inveito pubblicamente contro Tibisey Lucena, Presidenta del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE):

“Deve rendersi conto che decisioni errate aumentano lo stato di conflitto odierno del paese. Lei ha la responsabilità di affrontare i venezuelani”.

Dopo queste dichiarazioni, l’opposizione ha assediato la residenza presidenziale del CNE e fu necessario l’intervento della polizia.

 

 

 

 

Senza richiesta formale

 

La Procuratrice Díaz ha condannato fermamente l’attitudine di Capriles:

“Se il candidato non favorito dal popolo non è soddisfatto del risultato, ha gli strumenti per rivolgersi al Consiglio Nazionale Elettorale ed esaurita la via amministrativa passa a quella giuridica, al Tribunale Supremo di Giustizia; ma fino a quel momento il candidato sfavorito dal popolo venezuelano non può rivolgersi al CNE per intentare nessun tipo di ricorso, chiedendo i suoi diritti o discutendo quali sono gli elementi che considera sia rivisti davanti al direttore.

Per prima cosa dovrebbe rivolgersi (al CNE) e non sollecitare azioni violente nelle strade (…) Fare attentati contro Mercal, Pdval, CDI (Centri medici) e i servizi pubblici che lo Stato venezuelano fornisce, è fare attentati contro il popolo”.

 

Il vicepresidente Jorge Arreaza confermò queste dichiarazioni e informò che l’opposizione nonostante le sue pubbliche dichiarazioni, non aveva portato avanti nessuna formalità per esigere una revisione contabile completa dell’elezione:

“La revisione del 54 % si dimostrò esatta. Per revisionare il rimanente 46% bisogna richiederlo formalmente. Non lo fanno per generare violenza”.

In effetti, secondo la legislazione, lo stesso giorno si sono contati nuovamente e in maniera automatica il 54% dei voti.

 

Il presidente Nicolás Maduro, la cui elezione è stata riconosciuta da tutta l’America Latina, l’Unione Europea e una gran parte della comunità internazionale e che si è dichiarato favorevole a una nuova conta sempre che l’opposizione ne faccia richiesta formale, ha condannato severamente gli atti di violenza.

 “Chi ha la pretesa di violare la maggioranza in democrazia sta semplicemente tentando un golpe”.

Secondo lui, l’opposizione adesso si trova al margine della “Costituzione e della legge” e dovrà rispondere dei suoi atti davanti alla giustizia.

 

Maduro ha anche accusato esplicitamente Capriles di essere il responsabile della situazione:

“Lei è responsabile dei morti che abbiamo oggi (…) e deve rispondere di tutto quello che ha fatto”.

Capriles, che non ha smesso di accusare di parzialità il Consiglio Nazionale Elettorale durante la campagna presidenziale, si era dimostrato molto più indulgente verso l’istituzione durante le selezioni regionali del 16 dicembre 2012.

 

La ragione era che:

il CNE lo aveva dichiarato vincitore nello Stato di Mirando ed egli ha accolto con favore la decisione.

In seguito allo stretto risultato del 14 aprile 2013 -  213.473 voti di differenza a favore di Maduro (50,75%) - Capriles rifiutò il voto popolare.

 

Eppure, durante la sua elezione come governatore (51,86%), la differenza con il suo oppositore di sinistra Elias Jaua, fu di appena c45.111 voti su un totale di più di due milioni. Jaua accettò comunque la sua sconfitta.

 

I mezzi d’informazione occidentali hanno nascosto con ogni cura gli appelli di Capriles alla violenza.

 

Facciamo un paragone: immaginiamo per un istante che dopo la sua sconfitta elettorale del maggio 2012, il Presidente uscente Nicolas Sarkozy non avesse voluto riconoscere la vittoria di Hollande per via dello stretto risultato (3,28%) e avesse fatto appello ai suoi seguaci di manifestare per le strade per “esprimere la rabbia” e che i manifestanti avessero ucciso sei militanti del Partito Socialista e un poliziotto, tutto questo avrebbe fatto notizia?

 

L’opposizione venezuelana, mediante Caprile, che non ha presentato al momento nessuna prova fattiva e non ha intrapreso nessuna via legale per rifiutare l’elezione, sembra essere ritornata alla radicalità che la portò ad orchestrare il colpo di stato dell’aprile 2002 contro il Presidente Ugo Chavez, con la partecipazione attiva dell'amministrazione Bush che fu l’unica, oltre alla Spagna, che riconobbe la giunta golpista di Pedro Carmona Estanga, oggi rifugiato politico in Colombia.

 

Capriles stesso ha partecipato alla rottura dell’ordine costituzionale assediando l’ambasciata cubana e ha arrestato Ramón Rodríguez Chacín, allora Ministro dell’Interno e della Giustizia del governo legittimo.

 

Capriles è stato accusato e ha passato vari mesi in carcere.

 

La destra venezuelana ha appena ricevuto un appoggio importante per la sua impresa destabilizzatrice: gli Stati Uniti che non riconoscono l’elezione di Nicolás Maduro.