
	di Thierry Meyssan
	
	12 Luglio 2011
	dal Sito Web RedVoltaire
						
						traduzione
						
						
						Nicoletta Marino
			
			
			Versione originale
	
			 
	
			 
	
		
			
				
					
					La Coalizione dei Volontari è intervenuta in Libia per “salvare” la 
	popolazione civile dalla repressione del tiranno Gheddafi.
Quattro mesi più tardi, in massa i Libici hanno abbandonato il territorio 
	liberato di Bengasi e si raggruppano in gigantesche manifestazioni contro 
	l’intervento della NATO.
Questa inaspettata realtà ha lasciato senza strategia le forze alleate 
	atlantiche. Gli Italiani iniziano a ritirarsi ed i Francesi cercano 
	un’uscita.
 
					
					 
					
					 
				
			
		
	
	
			
			
	
	Il 1º di luglio 2011 il governo libico sperava di riunire a Tripoli 
	1 milione di persone in una grande manifestazione contro la NATO. 
	Con sorpresa delle autorità libiche, e della NATO, 
	la partecipazione è arrivata a 1,7 milioni di persone.
	 
	
	 
	
	 
	
	Centoundici giorni dopo l’inizio dell’intervento della Coalizione dei 
	Volontari in Libia non si è sviluppata ancora nessuna soluzione militare e 
	gli esperti all’unanimità dicono che almeno non ci sia un colpo di fortuna 
	insperato in favore della NATO o l’assassinio di Muammar el Gheddafi, il tempo 
	è a favore del governo libico.
	
	Il 7 luglio, il Consiglio dei Ministri italiano ha ridotto della metà la 
	partecipazione del proprio paese nello sforzo bellico e ha ritirato i suoi 
	portaelicotteri. Il Capo del Governo italiano, Silvio Berlusconi, ha anche 
	dichiarato che è stato sempre contrario a questo conflitto ma che il 
	Parlamento lo aveva obbligato a partecipare.
	
	Il 10 luglio, il ministro della Difesa francese, Gerard Longuet, ha 
	menzionato una soluzione politica con una uscita di Gheddafi “contro l’altra 
	ala del suo palazzo e con altro titolo”. Visto che il Palazzo non c’è, è 
	evidente che la prima condizione è puramente formale. In quanto alla seconda 
	nessuno ne capisce il significato, il che vuol dire che si tratta solo di 
	un’uscita puramente semantica.
	
	In Libia, le strutture sociali e politiche esistenti, sono frutto della 
	cultura locale e sono difficili da comprendere per molti occidentali.
	
	
	La Libia dispone di un sistema unicamerale di democrazia che funziona in 
	forma molto efficace a livello locale e si completa con l’esistenza di un 
	foro tribale, che non costituisce una seconda camera o una specie di Senato 
	visto che non ha potere legislativo ma integra la solidarietà tra i 
	differenti clan della vita politica.
	
	
	Questo dispositivo si completa con la figura “Guida” che non dispone di 
	nessun potere legale ma di un’autorità morale. Nessuno è obbligato a 
	prestargli obbedienza, ma la maggioranza lo fa, come lo farebbe con un 
	capofamiglia, anche se nessuno lo obbliga a farlo.
	
	
	Nell’insieme si tratta di un sistema politico pacifico, in cui la gente non 
	ha timore della polizia tranne nei momenti che sono stati caratterizzati da 
	tentativi di colpi di stato o durante l’ammutinamento nel carcere di Abou 
	Salim (1996), fatti che sono stati repressi in modo particolarmente 
	sanguinoso. Questi elementi di giudizio permettono la percezione di quanto 
	assurdi siano gli obiettivi di guerra della Coalizione dei Volontari.
	
	Ufficialmente (la Coalizione dei Volontari) interviene in risposta 
	dell’appello del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e per proteggere le vittime 
	civili di una repressione di massa.
	
	
	Oggi, invece, i Libici hanno la certezza che la repressione non è mai 
	esistita e che la forza aerea libica non ha mai bombardato nessun quartiere 
	di Bengasi e di Tripoli.
	
	
	La parte della popolazione libica che ad un certo punto ha creduto a queste 
	notizie, divulgate dai canali internazionali televisivi, ha cambiato parere. 
	La popolazione che generalmente ha parenti e amici in tutto il paese, ha già 
	avuto tempo di informarsi sulla situazione ed è arrivata alla conclusione 
	che tutto è stato solo un inganno.
	
	Su questo tema, come succede per molti altri, il mondo si divide attualmente 
	tra coloro che credono nella versione statunitense e coloro che sono 
	contrari.
	
	Per quanto mi riguarda, adesso io risiedo a Tripoli, proprio nel quartiere 
	considerato ostile a Gheddafi e che presumibilmente è stato bombardato 
	dall’aviazione libica che in un primo momento era insorta. E sono testimone 
	che ad eccezione di una macchina incendiata, no esiste nessun indizio di 
	tali incidenti.
	
	
	Gli unici immobili bombardati qui sono gli edifici ufficiali distrutti dopo 
	dai missili della NATO.
	
	
	In ogni caso, i principali capi della NATO hanno anche detto pubblicamente 
	un altro obiettivo di questa guerra con cui non sembrano essere d’accordo 
	alcuni membri della coalizione. Questo obiettivo è di ottenere la rinuncia 
	di Gheddafi, “il cambiamento di regime”: Appare così una confusione 
	impossibile da districare.
	
	
	Da una parte, questa esigenza non ha assolutamente nessuna base giuridica 
	alla luce delle risoluzioni adottate dall’ONU (Organizzazione delle Nazioni 
	Unite) e non niente a che vedere con l’obiettivo ufficialmente annunciato: 
	garantire la protezione alla popolazione repressa.
	
	
	Esigere, dall’altra, la rinuncia di Gheddafi non ha nessun senso perché egli 
	non esercita più nessuna funzione istituzionale, gode solo di un’autorità 
	morale implicita in strutture di carattere sociale, non di carattere 
	politico.
	
	
	Allora con che diritto i membri della NATO si oppongono al processo 
	democratico e decidono al posto del popolo libico di escludere uno dei suoi 
	capi?
	
	Una confusione tale inoltre conferma che questa guerra risponde a moventi 
	non confessati, moventi che non tutti i membri della Coalizione dei 
	Volontari non condividono.
	
	
	Il principio stesso di un attacco simultaneo contro Libia e Siria è stato 
	adottato dal potere americano durante la settimana dopo gli attentati 
	dell’11 settembre 2001.
	
	
	E’ stato reso pubblico per la prima volta dall’allora Vice Segretario di 
	Stato John Bolton nel suo discorso del 6 maggio 2002 dal titolo “Oltre 
	l’Asse del Male”. 
	
	 
	
	Fu confermato dal generale Wesley Clark il 2 marzo 2007 in 
	una 
	celebre intervista concessa alla televisione. L’ex comandante della NATO 
	presento in quella occasione la lista degli Stati che nei prossimi anni 
	saranno bersagli degli attacchi da parte degli Stati Uniti.
	
	
	I discepoli di Leo Strauss [1] avevano previsto di attaccare per primo 
	l’Afganistan, l’Iraq e l’Iran nel contesto del “ridisegno dell’ampliamento 
	del Medio Oriente”. 
	 
	
	In una seconda fase, poi, avevano previsto di attaccare la Libia, la Siria e 
	il Libano per estendere il processo e ridisegnare anche il Levante ed il 
	Nord Africa. In una terza fase, poi, sarebbero stati sferrati attacchi 
	contro la Somalia ed il Sudan per rimodellare l’est dell’Africa.
	
	Ragioni di evidente natura militare hanno dato motivo di posporre l’attacco 
	contro l’Iran e fu deciso quindi di passare direttamente alla Fase Due, 
	senza vincolo con gli avvenimenti reali o immaginari di Bengasi. La 
	Coalizione dei Volontari si vede così trascinata in un processo che non 
	desiderava e che tra l’altro è più grande di lei.
	
	La strategia tracciata dagli Stati Uniti e messa in pratica da Francia e 
	Regno Unito - uniti in un’alleanza che ricorda i tempi della 
	
	spedizione di 
	Suez - si basava su un’analisi particolarmente dettagliata del sistema 
	tribale libico.
	
	
	Essendo a conoscenza che i membri di alcune tribù - principalmente 
	
	i Warfallah - erano stati messi da parte per gli incarichi di responsabilità, 
	come risultato del fallito colpo di stato del 1993, la NATO avrebbe 
	sfruttato le frustrazioni di questi signori, li avrebbe armati ed utilizzati 
	per far cadere il regime ed installare un governo pro Occidente.
	
	Berlusconi afferma che Sarkozy e Cameron hanno detto durante una riunione 
	degli alleati il 19 marzo che, 
	
		
		“la guerra sarebbe finita quando sarebbe 
	avvenuta, come ci si aspettava, una rivolta della popolazione di Tripoli 
	contro il regime attuale”.
	
	
	Questa strategia raggiunse l’apogeo il 27 di aprile chiamando i 61 capi 
	tribali favorevoli del Consiglio Nazionale di Transizione.
	
	Bisogna segnalare che in questo documento non si parla di massacri 
	attribuiti al “regime” di Bengasi e di Tripoli, ma delle presunte intenzioni 
	di commetterli. I firmatari non ringraziano la Francia e l’Unione Europea di 
	aver fermato un massacro già scatenato, ma di aver impedito una carneficina 
	annunciata.
	
	
	Da qui in poi, le tribù dell’opposizione, costantemente e senza interruzione, 
	si sono riunite al governo di Tripoli ed i loro capi sono anche andati nella 
	capitale della Libia per esprimere pubblicamente il loro appoggio a Gheddafi.
	
	
	Questo processo era già iniziato in realtà molto prima e si manifestò 
	pubblicamente l’8 marzo quando “la Guida” ricevette l’omaggio dei capi tribù 
	nell’hotel Rixos, circondato dai giornalisti occidentali, che servirono 
	anche da scudi umani, sopraffatti da quella nuova provocazione.
	
	La spiegazione è molto semplice.
	
	
	L’opposizione interna a Gheddafi non aveva nessun motivo per abbattere il 
	regime per i fatti di Bengasi. L’appello del 27 aprile si basò sulle notizie 
	che i firmatari considerano oggi delle semplici menzogne. Partendo da questo 
	fatto, essi espressero uno ad uno il loro appoggio al governo nazionale per 
	la lotta contro l’aggressione straniera.
	
	
	Secondo la cultura musulmana, i ribelli che hanno provato la loro buona fede 
	sono stati automaticamente perdonati ed incorporati nelle forze nazionali.
	
	Per la nostra analisi non è rilevante determinare se la repressione del 
	regime di Gheddafi è una realtà storica o un mito della propaganda 
	occidentale. L’importante è sapere quello che i Libici pensano in questo 
	momento della condizione del loro popolo sovrano.
	
	Qui è importante osservare la correlazione tra le forze sul piano politico. 
	Il Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) non ha saputo dotarsi di una 
	base sociale. Bengasi, la sua capitale provvisoria, era una città di 800.000 
	abitanti.
	
	
	A febbraio centinaia di migliaia di quegli abitanti celebrarono la sua 
	creazione.
	
	
	In questo momento ,”la città liberata dai ribelli” e “protetta dalla NATO” è 
	in realtà un popolo fantasma di solo decine di migliaia di abitanti, spesso 
	carenti dimezzi per abbandonare la città. Gli abitanti di Bengasi che non 
	sono fuggiti dai combattimenti, sono fuggiti dal nuovo regime.
	
	A Tripoli, nel frattempo, il “regime di Gheddafi” è riuscito a mobilitare 
	1.700.000 persone per la manifestazione del 1 luglio ed ha ripreso ad 
	organizzare le manifestazioni regionali tutti i venerdì. La settimana scorsa 
	più di 400.000 persone hanno partecipato alla manifestazione di Sabha, nel 
	sud della Libia e ci si aspetta una manifestazione simile venerdì prossimo a 
	Az Zawiyah all’ovest.
	
	
	Bisogna precisare che si tratta di manifestazioni di condanna della NATO, 
	che ha ucciso più di un migliaio di Libici, che sta distruggendo 
	l’infrastruttura non petrolifera del paese e che ha tagliato le vie di 
	fornitura imponendo al paese un blocco navale.
	
	Le manifestazioni si articolano sull’appoggio alla “Guida” come capo 
	anticolonialista, anche se non implicano necessariamente un’approvazione a 
	posteriori di tutti gli aspetti della sua politica.
	
	Il popolo libico, quindi ha parlato. I Libici non credono che la NATO voglia 
	proteggerli ma che sta cercando di conquistare il paese e credono che è 
	Gheddafi che li sta proteggendo dall’aggressione dell’Occidente.
	
	La NATO, in queste condizioni, è rimasta senza strategia e non ha un “Piano 
	B”, non ha niente di niente.
	
	Le diserzioni nella banda del Consiglio Nazionale di Transizione sono così 
	numerose che, secondo l maggior parte degli esperti, le “forze ribelli” sono 
	solo composte da 800 o 1000 combattenti, certamente armati fino ai denti 
	dall’alleanza atlantica, ma incapaci di avere un ruolo importante senza 
	l’appoggio popolare.
	
	
	E’ probabile che i comandi delle forze speciali spiegati dalla NATO sul 
	territorio libico siano più numerosi dei combattenti libici che dirigono.
	
	Il ritiro italiano e le dichiarazioni del Ministro della Difesa francese non 
	hanno niente di sorprendente. Nonostante il suo potere di fuoco, senza 
	equivalente nella storia, le forze NATO hanno perso questa guerra. NO sul 
	piano militare, questo è chiaro, ma perché si sono dimenticato che,
	
		
		“la guerra 
	è la continuazione della politica fatta con altri mezzi” e perché si sono 
	sbagliati sul piano politico.
	
	
	Le urla di Washington che riprese immediatamente il ministro francese e si 
	nega al riconoscimento dei fatti, non cambieranno la realtà.
	 
	
	 
	
	
	
	Note
	
		
		[1] Les disciples de Leo Strauss, Ndlr.