Mark Weisbrot

27 giugno 2013

dal Sito Web TheGuardian

traduzione di Nicoletta Marino

Versione originale

 

 

 

 

Questo paese è già stato trascinato nel fango

per aver dato asilo a Julian Assange

e è disposto a resistere agli Stati Uniti

 

 

 

Giornalisti vicini alla macchina dell’Ambasciatore ecuadoregno

mentre aspettano l’arrivo di Edward Snowden

all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, Russia il 23 gugno.

Photografia: Alexander Zemlianichenko Jr/AP

 

 

 

Se Edward Snowden può farlo in Ecuador, sarebbe una buona scelta per lui e per il mondo.

 

Il governo, compreso il presidente Rafael Correa, e il ministro degli Esteri Ricardo Patiño, hanno dimostrato la loro fermezza di fronte alle minacce e all’abuso l’anno passato quando hanno concesso l’asilo al fondatore di WikiLeaks Julian Assange.

 

I media hanno sfruttato il fatto che la maggior parte della gente conosce molto poco sull’Ecuador per dare in pasto al loro pubblico il fatto che questo governo "reprime i mezzi di comunicazione".

 

Per il caso Snowden è in corso la stessa cosa.

 

Senza difendere ogni cosa che esiste in Ecuador, comprese le leggi sulla diffamazione e una vaga voce su una nuova legge sulla comunicazione, chi è stato nel paese sa che i media internazionali hanno ecceduto nel delineare lo stato della sua libertà di stampa.

 

I media privati equadoregni sono più duri di quelli degli Stati Uniti, che distruggono il governo quotidianamente.

 

Sfortunatamente, gruppi come Americas Watch (of Human Rights Watch) e la Commissione per la Tutela dei Giornalisti, che svolgono un buon lavoro in alcuni paesi, hanno unito le loro forze alla campagna di Washington contro Ecuador pubblicando delle esagerazioni enormi.

 

Questi gruppi dovrebbero preoccuparsi un po’ di più dell’effetto raggelante che ha avuto l’accusa senza precedenti sugli informatori da parte dell’amministrazione Obama sul giornalismo investigativo degli Stati Uniti.

 

La grande ironia non è che Snowden dovrebbe ricorrere all’aiuto dell’Ecuador o anche della Russia o della Cina per sfuggire alla persecuzione politica.

 

Ogni giornalista o sostenitore dei diritti umani non ha criticato le centinaia di rifugiati del Salvador che sono sfuggiti all’assassinio sponsorizzato dagli Stati Uniti e alla repressione del lontano 1970 e 1980 fuggendo verso gli Stati Uniti, “il più grande fornitore di violenza”, come lo ha definito una volta Martin Luther King?

 

I rifugiati politici non scelgono i paesi che li ospitano tra quelli che seguono una politica che a loro piace.

 

La grande ironia in questo caso è che l’Ecuador è trascinato nel fango per voler dare asilo a un informatore che è accusato di spionaggio.

 

Stiamo parlando di chi, per ironia della sorte - probabilmente - non avrebbe avuto nemmeno un processo equo negli Stati Uniti perché i media lo avevano già condannato.

 

Washington farebbe quasi certamente ritorsioni contro l’Ecuador per l’asilo politico di Snowden. Oltre le sanzioni commerciali metterebbe in atto azioni sotto copertura. Nel 2010 ci fu un tentativo di colpo di stato contro Correa anche se non c’è una prova concreta del coinvolgimento degli Stati Uniti, la polizia che ha capeggiato la rivolta ha un contatto di lunga data con gli ufficiali americani compresi finanziamenti concessi.

 

Molti esponenti del governo in Ecuador sono convinti che Washington sia coinvolta, e se così non fosse questo sarebbe il primo colpo di stato in sessant’anni ai danni di un governo di sinistra di America Latina con il quale Washington non avrebbe niente a che fare.

 

L’amministrazione Obama ha condotto una campagna mediatica di successo forgiando il caso Snowden come se fosse una guerra fredda e molti mezzi di comunicazione hanno dato l’immagine dell’Ecuador come di quello che “ha messo un dito nell’occhio di Washington”.

Hanno detto che Correa ha fatto tutto ciò per ottenere ancora una vittoria politica in casa.

 

E’ esattamente lo stesso menu servito quando l’Ecuador concesse l’asilo politico a Assange, con  in più la stessa visione ristretta che questi facinorosi “anti americani” del sud hanno usato per avere un nuovo “capobanda” per rimpiazzare Hugo Chávez.

 

Ma uno qualsiasi dei governi nuovi e indipendenti di centro sinistra del Sud America avrebbe concesso l’asilo a Assange.

 

Lula da Silva è stato uno dei primi (prima di Correa) e tra i più forti difensori di Assange e il Brasile avrebbe anche approvato la richiesta di asilo politico di Snowden.

 

Snowden, come Assange, ha un fondato timore della persecuzione politica - specialmente dopo essere stato accusato di spionaggio, un crimine che non ha chiaramente commesso.

 

Quindi a livello di legge internazionale e di principio - compreso il principio di autodeterminazione - nessuno di questi governi vorrebbe essere partecipe di quello che WikiLeaks ha definito “una resa” di Snowden agli Stati Uniti.

 

Se Washington ultimamente è forzato a rispettare la legge internazionale, sarà perché molti paesi, soprattutto sorprendentemente in Sud America, non hanno più paura di una rappresaglia degli Stati Uniti.

 

Da quando Snowden ha reso di pubblico dominio la condotta errata del governo, è un altro esempio di come i cittadini americani - contrari a ciò che i mezzi di comunicazione ci propinano ogni giorno -  attualmente è un benefit per lo sviluppo di un mondo più poliedrico.