di Abel S12

22 Novembre 2016

dal Sito Web Taringa

traduzione di Nicoletta Marino

Versione originale in spagnolo

 

 

 

 

L'inarrestabile progresso

del 'political correct'

è un segnale molto potente

che ci avverte di quanto sia divenuta infantile

la società occidentale,

che si riflette con una spavalda chiarezza

nelle sue università

luogo da cui proviene.

 

 

 

 

 

 

Nel geniale romanzo di Philip Roth, La Macchia umana, la vita del decano universitario Coleman Silk si svolge tra l'interesse per due studenti che hanno saltato tutte le sue lezioni:

"Qualcuno conosce questi studenti? Esistono o sono svaniti come il fumo nero?" domanda in aula.

Coleman sfortunatamente scopre che uno di loro è afro americano e quando arriva a sentire la sua domanda, la interpreta come un attacco razzista.

 

Anche se le sue parole non avevano intenzioni offensive, visto che non aveva mai visto lo studente, Silk è accusato di razzismo, sospeso come insegnante e licenziato. Nessuna altra Università lgli dà lavoro e la sua economia familiare si deteriora rapidamente.

 

E' rifiutato dalla comunità, dagli amici e dai conoscenti e colmo dei colmi sua moglie è colpita da ictus e muore.

 

 

 

 

Anche se il professor Silk è il personaggio di un romanzo, Philip Roth riflette le esperienze di un'infinità di professori nord americani censurati o espulsi dalla università perché i loro discorsi, o i loro apprezzamenti, turbavano gli studenti sempre più superprotetti e bambineschi.

 

Perché non si allineavano con quella che è political correct

 

 

 

 

 

 

Università o asili nido?

 

 

 

 

Meno di due anni fa, , secondo quanto ha detto Judith Shulevitz, studenti dell'Università di Brown organizzarono un dibattito aperto sulle aggressioni sessuali.

 

Immediatamente, un altro gruppo di studenti, che avevano timori che chi sarebbe intervenuto avrebbe esposto certe idee "negative", protestò con la direzione dicendo che l'università deve essere "uno spazio sicuro" dove niente deve far riaffiorare i traumi delle vittime.

 

Le autorità accademiche non cancellarono l'evento, ma misero a disposizione di chi assisteva il proprio "spazio sicuro":

una sala contigua dove chiunque era presente al dibattito e fosse stato turbato, lì si poteva riprendersi dal turbamento e poi rientrare nel dibattito.

Il posto era organizzato con quaderni da colorare, giochi con la plastilina, musica rilassante, coperte, biscotti, ciucci e anche un video rilassante in cui si vedono cagnolini che giocano.

 

C'era anche personale qualificato per prendersi cura di possibili traumi.

 

Quando l'evento è finito, due dozzine di persone erano passate per questa sala e una di loro ha detto:

"mi sentivo bombardata per alcuni punti di vista che erano contro le mie credenze intime".

 

Mi sento aggredita

dalle tue opinioni

così diverse.

 

 

In un'altra occasione, un professore del Columbia College raccomandò la visita ad una interessante mostra sull'arte samurai giapponese.

 

Immediatamente, uno dei suoi studenti ha protestato fortemente tacciando il suo suggerimento di politicamente scorretto perché poteva ferire la sensibilità degli studenti cinesi.

 

Ovviamente, l'obiezione era assurda:

l'invasione della Cina da parte di un esercito imperiale giapponese era finita trent'anni prima.

Eppure per lo studente il tempo trascorso era irrilevante.

 

Seguendo la sua logica, l'arte tedesca offenderebbe la Francia, quella francese la Spagna per l'invasione napoleonica o quella spagnola le Fiandre.

 

 

Ho diritto

di dire ciò che penso

 

 

Un altro caso è quello dell'ex Presidente dell'Università di Harvard, l'economista Larry Summers, che ebbe la disgraziata opportunità di pubblicare uno studio dove parlava del fatto che il coefficiente d'intelligenza degli uomini presenta un fattore di dispersione, una varianza più grande di quella delle donne, pianificando come ipotesi che questo avrebbe potuto influire sull'assegnazione di posti di lavoro su una scala maggiore a minore.

 

Automaticamente fu accusato di essere macista e dopo una campagna durissima contro di lui, Summers fu obbligato a dimettersi nel 2006.

 

 

 No!

Noi abbiamo diritto

di non essere offesi

 

 

 

 

Dall'oscurantismo all'ignoranza

 

 

 

 

Il calvario di tutti questi professori è un esempio della piaga del politcal correct, una moda che invade i campus universitari del mondo sviluppato, che costituiscono un'a censura asfissiante e non in poche occasioni, provoca drammi assurdi perfettamente evitabili.

 

La cosa peggiore, in tutto questo, è che condanna la società all'oscurantismo e all'ignoranza.

 

Insomma, Summers avrebbe potuto evitarsi il calvario falsificando i risultati della sua ricerca, adattandoli alla "realtà" del political correct, rinunciando semplicemente a ricercare.

 

Del resto, il professore della Columbia avrebbe dovuto pensare due volte prima di raccomandare mostre d'arte ai suoi studenti visto che avrebbero ferito la sensibilità di qualcuno.

 

Per quanto riguarda gli studenti dell'Università di Brown, per evitare problemi avrebbero dovuto rinunciare ad organizzare dibattiti aperti.

 

 

 

 

L'irresistibile progresso del political correct è un segnale molto potente che ci avvisa su come sia diventata infantile la società occidentale, che si riflette con una spavalda chiarezza nelle sue università, luogo da cui proviene.

 

Tanta assurdità ha portato Richard Dawkins, professore di biologia evolutiva all'Università di Cardiff, ad avvisare i suoi studenti con grande indignazione:

"L'università non può essere uno "spazio sicuro". Chi lo cerca, vada a casa, abbracci il suo orsetto di peluche e prenda il ciuccetto fino a che si senta pronto a tornare.

Gli studenti che si offendono quando ascoltano opinioni contrarie alle loro, forse non sono preparati per venire all'università".

 

 

 

 

Il political correct è un prodotto di questo pensiero infantile che crede che il mostro scomparirà solo con l'atto di chiudere gli occhi.

 

Però la maturità personale è proprio il contrario: scoprire il mondo non è sempre bello e buono, prendere coscienza che il male esiste, arrivare ad accettare e adattarsi alle avversità, alla sofferenza. E senza ombra di dubbio, imparare a controbattere i criteri contrari ai nostri.

 

Le università, sforzandosi di far sentire comodi e al sicuro tutti i loro studenti, per salvaguardarli da un potenziale shock, stanno sacrificando la credibilità e il rigore del discorso intellettuale rimpiazzando la logica con l'emozione e la ragione con l'ignoranza.

 

Stanno così impedendo che i loro studenti maturino.

 

 

 

 

 

 

La trappola dello "spazio sicuro"

 

 

 

 

Quando si definiscono come sicuri degli spazi universitari, implicitamente se en definiscono insicuri degli altri. E quindi prima o poi dovremo renderli "sicuri", fino a quando una opinione che sconcerta sarà proibita in tutto il campus.

 

E se questo è valido per l'università, perché non trasferirlo a tutta la società?

 

La repressione, così si estende a macchia d'olio, proibendo parole, termini, attitudini, stabilendo una sinistra pulizia del pensiero.

 

 

 

 

Dal punto di vista concettuale, il political correct è incongruente, cade per il suo stesso peso.

 

Dato che non tutti la pensano allo stesso modo e non possiede la stessa sensibilità, non è possibile separare rigorosamente quello che è offensivo da quello che non lo è, stabilire un confine oggettivo tra ciò che è politicamente corretto da quello che non lo è.

 

Ci sono persone che non si offendono mai, altre, invece, che hanno la sensibilità a fior di pelle. L'offesa non sta in colui che la dice, ma in colui che la riceve.. In pratica, quindi, è l'autorità che detta ciò che è politicamente corretto da ciò che non lo è.

 

E lo fa, naturalmente, a favore dell'establishment e dei gruppi meglio organizzati che fanno pressione.

 

 

 

 

Il political correct è una forma di censura, un intento di sopprimere qualsiasi opposizione al sistema.

 

Ed è anche poco efficace per affrontare le questioni che pretende di risolvere:

  • l'ingiustizia

  • la discriminazione

  • la cattiveria

Non è altro che un espediente tipico delle menti superficiali che davanti alla difficoltà di affrontare i problemi, la fatica che costa trasformare il mondo, optano con il cambiare le parole, per sostituire il cambiamento reale con quello linguistico.

 

 

 

 

In forma diretta è stato espresso dal difensore dei diritti civili W.E.B. Du Bois nel 1928.

 

Dopo essere stato accusato da un giovane esaltato per aver usato la parola "negro", Du Bois ha risposto:

"E' un errore dei giovani confondere i nomi con le cose. Le parole sono solo segni convenzionali per identificare oggetti o fatti: questi ultimi sono quelli che contano.

 

Ci sono persone che ci disprezzano perché siamo negri; ma non ci disprezzeranno di meno se ci chiamano "uomini di colore" o "afroamericani". Non è il nome… è il fatto".

Infatti, la discriminazione, il razzismo o un qualsiasi altro problema si risolve cambiando loro il nome. Tuttalpiù si riesce a tranquillizzare la coscienza di alcune persone.

 

 

 

 

 

 

E il risultato è… Donald Trump

 

 

 

 

Al mondo c'è molta gente che sembra sia priva di maturità emotiva o di incapacità intellettuale di ascoltare un'opinione politica che sia diversa dalle proprie convinzioni senza che la consideri un insulto personale.

 

Mettere i sentimenti in cima ai fatti, alle ragioni fa sì che una qualsiasi valida opinione possa essere tacciata di essere razzista, sessista, discriminante.

 

E' possibile che queste persone che praticano il political correct si sentano meglio, ma il prezzo è che instaurano negli altri la cultura della paura.

 

Clint Eastwood ha detto:

"Segretamente, tutti sono stanchi del political correct, dello scontro. Abbiamo una generazione di donnicciole, tutte te la danno per una sigaretta".

 

 

 

Ciononostante non era pienamente cosciente del pericolo che si avvicinava; prima o poi il virulento effetto pendolo inverte le grandezze, la gente è scontenta di tanta censura e per reazione… vota Donald Trump.

 

 

 

 

Rinunciare ad un discorso libero, ad un pensiero libero per evitare di ferire la sensibilità di alcuni è peggio della stupidità:

è pericoloso perché mette in discussione i principi della democrazia.

Dobbiamo rispettare tutti per principio. Dobbiamo però esprimere liberamente le nostre idee e argomentazioni.

 

Se a qualcuno da fastidio e si strappa di dosso gli abiti, è molto probabile che sia una dimostrazione di immaturità, di carattere infantile e intollerante.

 

George Orwell lo scrisse nel suo romanzo nel 1984:

"La libertà è il diritto di dire alle persone quello non vuole sentire."