21 Marzo 2017

dal Sito Web UniversityOfHuddersfield

traduzione di Nicoletta Marino

Versione originale in inglese

Versione in spagnolo

 

 

 

 

 

 

 

Un nuovo articolo realizzato da esperti dell'Università di Huddersfield (Inghilterra) rafforza la teoria che la propagazione dell'agricoltura in Europa fu un risultato della migrazione nel Mediterraneo dal vicino Oriente, avvenuta più di 13.000 anni, migliaia di anni prima di quello che si credeva.

 

Questo processo avvenne durante il periodo glaciale tardo e all'inizio i migranti erano cacciatori - raccoglitori.

 

Poi, più avanti, svilupparono la conoscenza dell'agricoltura dalle popolazioni appena arrivate dal Vicino Oriente - dove l'agricoltura iniziò - e durante il Neolitico, circa 8.000 anni fa, iniziarono a colonizzare altre parti d'Europa portandosi dietro la pratica agricola.

 

L'Università di Huddersfield è la sede del Gruppo di Ricerca Archeo genetica, che utilizza analisi del DNA per risolvere interrogativi sull'Archeologia, Antropologia e Storia.

 

E' diretto dal professor Martin Richards, e la questione della discendenza genetica degli Europei è stata una delle sue principali aree di ricerca per molti anni.

 

Il professore, è il principale autore dell'articolo Reconciling Evidence from Ancient and Contemporary Genomes - A Major Source for the European Neolithic within Mediterranean Europe che appare in Proceedings of the Royal Society B.

 

In questo articolo si parla di come i ricercatori hanno utilizzato quasi 1.500 linee del genoma mitocondriale per datare l'arrivo delle popolazioni in diverse regioni d'Europa.

 

Si è riscontrato che nel centro dell'Europa e in Iberia, queste linee potrebbero essere riconducibili dal Neolitico , ma nel Mediterraneo centrale e orientale sono riconducibili a molto prima, al periodo glaciale tardo

 

Gli autori scrivono:

"Questo è compatibile con uno scenario in cui la genetica dell'Europa mediterranea fu in parte il risultato delle espansioni avvenute durante il periodo glaciale tardo, espansioni che derivavano dal Vicino Oriente, il che produsse un'importante fonte di riserva genetica per le successive espansioni del Neolitico nel resto d'Europa".

Il prof. Richards ha spiegato che i suoi colleghi hanno effettuato la ricerca utilizzando campioni moderni di DNA poiché in Grecia e in Italia c'è una grande scarsità di resti ossei preneolitici dai quali poter ottenere dati antichi.

 

Il clima caldo di queste zone del Mediterraneo ha fatto sì che il livello di conservazione dei fossili fosse basso.

 

Il prof. Richards ha detto:

"Visto che non siamo stati capaci di riempire il vuoto del DNA antico, abbiamo superato questo problema con campioni moderni.

 

Invece di datare i lignaggi d'Europa nel suo insieme, abbiamo datato in primo luogo l'area mediterranea e visto quello che è successo, dando per scontato che arrivarono in questa zone e poi si mossero da lì".

Adesso si attende che siano scoperte nuove fonti di DNA antico in Italia e Grecia e lo scenario delle migrazioni prodotto sia suffragato in modo più diretto.

"In passato, è stato difficile recuperare il DNA in questo tipo di ambienti, ma negli ultimi anni ci sono stati molti progressi tecnologici per il recupero del DNA antico, quindi credo che lo troveremo presto".

In effetti, un altro gruppo di ricercatori ha già confermato una delle principali predizioni del lavoro realizzato una settimana fa, trovando del DNA preneolitico in Sardegna.

 

La ricerca è stata effettuata principalmente dalla dott.ssa Joana Pereira come parte del suo progetto di dottorato, supervisionato insieme al Prof. Richards e la dott.ssa Luisa Pereira dell' Istituto di Patologia Molecolare e Immunologia dell'Università di Oporto, insieme al dott. Pedro Soares dell‘Università di Minho del Portogallo.

 

Tra gli autori del nuovo articolo "Reconciling Evidence from Ancient and Contemporary Genomes" includiamo anche la dott.ssa Maria Pala, che è docente dell'Università di Huddersfield e un membro chiave del Gruppo di Archeogenetica.